Tra i francescani proclamati santi recentemente c’è ne uno particolarmente importante: si tratta di Amato Ronconi. Egli nasce a Saludecio, in provincia di Rimini, da una famiglia ricca, verso il 1225, non sono infatti note con precisione le sue date di nascita e di morte. Nasce quindi nel secolo di San Francesco, suo contemporaneo, nel mezzo del vasto movimento di rinnovamento nella povertà, cioè il francescanesimo, di cui poi Amato sarebbe stato terziario. Ben presto egli rimase orfano di ambo i genitori, sicché trascorse la sua giovinezza con la famiglia del fratello maggiore, Giacomo. Subentrò però in lui l’odio per la cognata, perché aveva rifiutato un matrimonio che la parente gli aveva predisposto.

Così decise di lasciare la famiglia del fratello e, arrivato sul Monte Orciale, si mise a costruire un ospizio dedicato alla natività di Maria, per poter dare un letto a poveri e pellegrini. Per realizzare tutto ciò, però, Amato dovette donare di nascosto il ricavato delle sue terre e perfino il guadagno che riceveva con il suo lavoro di garzone presso altri agricoltori. La sua vita fu tipica dei penitenti di quell’epoca: ogni giorno si flagellava e si nutriva di pochi legumi, sicché ben presto venne considerato un pazzo dai suoi concittadini, ma soprattutto dalla cognata molto infuriata perché vedeva sciupare la proprietà, che poteva essere sua e di suo marito, finché non esitò ad accusarlo di incesto alle Autorità. Dio, però, dimostrò l’innocenza di Amato con vari miracoli secondo la “Vita” scritta dall’umanista Sebastiano Serico, il quale, in mancanza di documentazioni, poté riportare soltanto le tradizioni orali tramandate dalla sua famiglia.

Comunque altri particolari della vita di Amato si ricavarono dal suo testamento, pubblicato nel volume “Rimini nel secolo XIII°”, edito nel 1862, dove si legge che “l’onesto e religioso uomo, fratello Amato del Terz’Ordine del beato Francesco, proprietario e fondatore dell’Ospedale di Santa Maria di Monte Orciale, presso il castello di Saludecio, fa solenne cessione di quell’ospedale e di tutte le sue proprietà ai Benedettini di San Giuliano e di San Gregorio, in Conca di Rimini, chiedendo, nel contempo, di venire sepolto nella cappella dello stesso ospedale”. Questo testamento porta la data del 10 gennaio 1292 ed è l’unico documento che attesta in quale secolo sia vissuto il Santo in parola, morto intorno al 1300, ma già dagli ultimi anni della sua vita Amato era venerato col titolo di Beato, perché in un documento del 26 maggio del 1304 il legato pontificio Cardinale Francesco di S. Eusebio confermava quella donazione, scrivendo al monaco Salvo “priore dell’Ospedale del Beato e concedeva un’indulgenza a chi visitasse il suo sepolcro. Ma la cappella dell’ospedale dove, secondo il desiderio di Amato, riposava il suo corpo fu danneggiata da un incendio scoppiato nel maggio del 1330, sicché le sue reliquie vennero traslate nella Pieve di San Biagio. Il suo culto fu poi confermato da Papa Pio VI° con il titolo di Beato il 17 aprile del 1776. A Saludecio oggi c’è un santuario dedicato alla sua memoria e la cui festa, secondo il Martyrologium Romano, si celebra l’8 maggio. Il beato Amato Ronconi è stato infine canonizzato da Papa Francesco lo scorso 23 novembre ed è, a tutt’oggi, l’unico santo interamente nostro, cioè del secondo millennio.

Di questo santo ricordiamo l’interpretazione profetica, che non si interessa tanto a ciò che il santo ha fatto, quanto, piuttosto, a ciò che Dio ha detto, ieri come oggi, a noi attraverso la sua vicenda. Insomma, Amato Ronconi come profeta, cioè come messaggero e portavoce di Dio. In questo senso, tutta la vita del “nostro” santo ruota intorno a questo ruvido ma liberante messaggio di Gesù, indirizzato al suo popolo: “Convertitevi, capovolgete mente e cuore, invertite la via, cambiate la vita”. Non perché Amato prima fosse un dissoluto o un criminale, ma perché ha scelto di diventare cristiano, non ha voluto per sé, ricco com’era, un’esistenza piatta e ripiegata, senza un brivido di compassione per Cristo crocifisso e per i tanti crocifissi della Storia. Poteva andarsene, dopo aver incontrato Gesù, come il giovane ricco della parabola, ma lui non poteva farlo, perché si era sentito letteralmente e autenticamente amato dal Signore e a quel punto ha preferito rinnegare il suo “io” vorace e possessivo e ha intrapreso il sentiero delle Beatitudini. Oltre alla profezia della penitenza, anzi, proprio per vivere da vero penitente fino in fondo, Amato ha scelto la povertà e si è lasciato affascinare dall’ideale francescano vissuto dai Francescani del vicino Convento di Monte Orciale.

Il terzo tratto della profezia di Amato è quello del Pellegrinaggio: Rimini, San Marino, Assisi, Roma e, per quattro volte e mezzo, Santiago de Compostella. Amato è stato un vero pellegrino. Questi non è un vagabondo, senza meta né fissa dimora, che vaga solo per il piacere di andare qua e là. Non è neanche un esploratore che va in cerca di nuove terre. E’ un uomo che ha il cuore puntato come l’ago di una bussola, sempre orientato verso il Nord, ed il suo Nord è la Casa del Padre. Ecco la profezia del pellegrino Amato: egli ci ricorda che non siamo dei vagabondi smemorati ma siamo come Gesù dei viandanti diretti alla Santa Gerusalemme per abitare nella Casa del Padre. Perciò la vita è un santo viaggio. Il pellegrino, spoglio di tutto, ha trovato il tesoro, il Regno di Dio. “dio tutto in tutti”, questa è la profezia del nostro santo francescano Amato.